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Immagine del redattoreRoberto Ernesto Pacis

Un uomo



Questo piccolo componimento fu una delle prime "poesie", la scrissi nell'inverno del 87/88. Ricordo come fosse ieri.

Non riuscivo ad esprimere i crescenti, tumultuosi e disordinati sentimenti che in quell'età incalzano e premono sulle volontà. Mi sedetti alla scrivania, in quel tempo in cui la cameretta era ancora condivisa, i letti appaiati e troppo poco distanti. Sentivo il peso di un animo introverso e mite. Cercai un modo di esprimere i miei pensieri, darne un ordine, un senso.

Mio padre era un pittore per diletto, mia madre casalinga e lettrice di Harmony. Capii. Ognuno di noi esprime se stesso con ciò che ha a disposizione. Io avevo qualche libro scolastico, sgualciti perlopiù, quaderni, penne e un libro, che ancora oggi posseggo, di Ovidio che mio padre mi costringeva a leggere. Col tempo ho amato quel libro.

Indossai una penna a sfera e "scrissi" un paio di pagine. Il principio fu un fottio di parole, disordinate e confuse, poi, scrissi due poesie. La seconda fu questa che oggi condivido con voi.

Quel Roberto oggi è ancora lì, seduto a quella scrivania, con il profumo della carta stampata ed il vociferare di Ovidio, Omero, Stephen King e Shakespeare che litigano a tresette..."Silenzio! Per cortesia, sto scrivendo un post su Facebook!"

Seduto, aspettando di sentire la porta di casa aprirsi, per condividere gli spazi infiniti dell'animo umano.

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