
Ero in terza media, le scuole dell'obbligo si chiamavano asilo, elementari e medie. I muri erano tanto sottili che spesso la lezione di matematica della 2B, rumorosa e imperativa, entrava con veemenza nei nostri interessi. A fine anno, la professoressa di lettere, ci pose la domanda delle domande, l'Incubo per noi piccole, fragili e mai dome menti "Cosa vorreste fare da grandi?" Mi ricordo le risposte di alcuni dei miei compagni, le risate che ne scaturivano e poi, inesorabile come il tempo, arrivò il mio turno "Cosa vorresti fare da grande, Roberto?" Ero un bambino timido ed introverso, mi ricordo che abbassai lo sguardo, cercavo la risposta nei solchi che il mio banco aveva subito, come rughe negli anni e risposi. 'Vorrei insegnare ai bambini a sognare" Ilarità diffusa e incontrollata che terminò solamente con l'apertura delle vacanze estive. Mi voltai uscendo da quel cortile e ricordo che lì, in quell'ultimo passo, lasciai la mia giovinezza e il silenzio di quella prof.
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