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Immagine del redattoreRoberto Ernesto Pacis

Terra, non per poeti


È un confine.

Come spesso accade, a decretare un inizio o una fine, è una sottile linea, un confine. È così che la nostra storia ha inizio e fine. Un fiume che lento scorre e che, nella sua immutevole forma, non quantifica solo la distanza fra due Terre, ma le divide nel tempo; su di esso, un piccolo ponte di ferro e cemento che, costruito da mani operose, conduce i passanti all'una o all'altra parte.

I sentimenti, nel percorrere quei pochi metri di ferro e cemento, che scaturiscono ad ogni passo, sono dolore e speranza. Chi lascia dietro sé, nel buio di un'illusione, un luogo premio di sudore e fatica, dolore, nella speranza di trovare un passo migliore, una vita. E quando il sonno assale la notte, prim'ancora che il cielo se ne avveda, compiono a ritroso quel cammino. Sorvolano le lunghe strade polverose e popolose, il ponte di ferro e cemento, la propria casa e gli affetti, nel timore che veste i domani, e colma i ricordi alimentati da speranze.

Le strade sono solchi in una terra avvizzita e come la pelle di un’anziana signora, le case seguono la via maestra.

Basse, di terra e paglia, colorate vivacemente, ognuna pendente a modo suo in un architettura contadina, dove la vivacità delle facciate non nasconde la povertà della terra e dei suoi frutti di cui esse sembrano essere una continuazione arida.

Con sandali incompleti, spesso bucati o sgualciti e con un bastone in mano, scorgi condurre le proprie "bestie", piccoli pastori che con sguardo vitreo, ti seguono. Giusto il tempo per un cenno della testa, perché la cordialità e il rispetto, prima ancora della curiosità, sono il fine grano che lega le maglie del pane e della vita in queste valli.

Un groviglio di fili e cavi penzolano in cielo tra un palo di legno e l'altro che, ogni 50 passi, pendentemente sostengono l'unico collegamento con il mondo.

Così camminando, un paese dopo un altro, seminati dal tempo in questa terra avara di sorrisi, la gioventù e la spensieratezza dei bambini presto lascia spazio al lavoro nei campi o nell’ accudire il bestiame, che esse siano mucche, pecore o oche.

Le lancette di un vecchio orologio al culmine di un campanile, sembra essersi fermato, così come la mano di Dio sembra abbia tolto l'ombra della sua protezione.

Chi oggi solca quelle bianche vie, tanto polverose ed ispide quanto faticose, fra campi colti e paesi vissuti, domani dovrà oltrepassare quel ponte che, di ferro e cemento, li porterà con dolore e speranza in un altro tempo.

I miei occhi hanno sofferto la fioca luce di ciò che vedevano, il mio cuore si è innamorato di quello che sentiva. La durezza del quotidiano che non lascia spazio a giochi spensierati e schiamazzi per le vie del paese, ma che non nega il sostegno d'uno sguardo, un invito alla condivisione d'una mensa.

Inevitabile percorrere le vie del mio tempo, dove ognuno è per sé il proprio confine, e la cordialità è onerosa nello spirito quanto nelle intenzioni.

Oltre il ponte di ferro e cemento, quella Terra non per Poeti, dove le parole sono condite di sudore, il mio cuore ha lasciato il suo battito più bello, i miei occhi hanno pianto la lacrima più amara.

E così come il destino farà scivolare o cadere quella lacrima, solo il fato sarà l'artefice della gretta fortuna, nel dire d'aver vissuto ai piedi d'un fosso o d'averlo scavato.

Nel proseguo del cammino, passo dopo passo, a ritroso percorro quel ponte di ferro e cemento, con speranza lascio quella terra, non più da poeta, da sognatore.

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